Coltivare sulla Luna? Il progetto dell’Agenzia spaziale europe
Il progetto dell’Esa per coltivare sulla Luna
Il suolo lunare come fonte di fertilizzanti nel caso in cui, come potrebbe accadere in futuro, l’uomo volesse fare agricoltura direttamente sul satellite della Terra. Un progetto di Esa Discovery, che vede come capofila la società norvegese Solsys mining, sta studiando l’opportunità di sfruttare il suolo lunare (l’insieme dei materiali prevalentemente costituiti da pietre e polveri, noti come regolite), per ottenere dei nutrienti per le piante. Secondo l’Agenzia spaziale europea, i campioni di regolite provenienti da riverse missioni e analizzati sulla Terra contengono una sufficiente quantità di minerali essenziali per far crescere le piante (a esclusione dei composti azotati). Tuttavia, in presenza di acqua, la regolite si compatta e impedisce la crescita delle radici vegetali. Pertanto, una delle soluzioni, secondo gli scienziati, sarebbe la coltivazione con tecniche idroponiche, che possono fare a meno della presenza della terra, in quanto le sostanze nutritive sono disciolte direttamente nell’acqua. L’idroponica è la coltivazione delle piante fuori suolo, ovvero senza terra e grazie all’acqua, nella quale vengono sciolte sostanze nutritive adatte per far crescere le piante velocemente.
L’impianto per la coltivazione sulla Luna
L’impianto illustrato dall’Esa, che nel progetto ha coinvolto anche l’Istituto geotecnico norvegese (Ngi) e il Centro ricerca interdisciplinare spaziale (Ciris), si basa su una combinazione di processi e sistemi meccanici, chimici e biologici per estrarre dalla regolite i nutrienti necessari. “Lo studio è fondamentale per la futura esplorazione lunare sul lungo termine, in funzione del raggiungimento di una presenza sulla Luna di tipo sostenibile”, ha commentato Malgorzata Holynska (ingegnere dell’Esa), ricordando come questo lavoro sia un primo passo che apre la strada a ricerche più approfondite. Intanto, la Solsys mining, utilizzando regolite lunare simulante, ha già coltivato in laboratorio dei fagioli, con buoni risultati. La ricerca, iniziata a fine 2022, dovrebbe proseguire fino al prossimo dicembre.
A cura di Gianluca Atzeni